sabato 20 agosto 2016

La Baracca dell'Amore



La “Baracca dell’amore”

Prima che io nascessi (ma anche per tanto tempo dopo) i miei genitori non navigavano certo nell’oro.
Tutti e due si davano un gran da fare per “sopravvivere” e lo facevano nel modo che da sempre gli era stato insegnato e cioè: ”onestamente”.
Mia madre lavorava al servizio di una benestante famiglia al centro di Roma … mio padre aveva trovato lavoro come manovale presso un cantiere edile  nel quartiere Tuscolano dove, nel dopoguerra, i palazzi crescevano come funghi. 
Quando a casa arrivavano le “paghe” i due si sedevano al tavolo in cucina (avevano soltanto quello) e iniziavano a suddividere i soldi.
"Questi per l’affitto… questi  per la bolletta della “luce” che questo mese arriva, questi per i biglietti del tram …"  Insomma,  da quel poco che rimaneva dovevano farci uscire fuori tutto il resto, ma si sa che l’amore compie miracoli e di una cosa io sono veramente sicura…loro si amavano.

Ottobre 1957. Mio padre tornò a casa  euforico, la bicicletta si “autopedalava”… gli era stato offerto il lavoro di guardiano notturno al cantiere … di giorno avrebbe continuato con la manovalanza e di notte avrebbe potuto usufruire di quella piccola baracca tirata su alla meno peggio con vecchie palanche una porta di ferro talmente riverniciata che ormai non si capiva più quale fosse il suo colore originale e a fare da tetto vecchi ondulati di eternit.
All’interno un filo bianco e piatto (la piattina) portava la corrente ad una lampadina che per spegnerla o accenderla bisognava “girarla” con la mano,  un piccolo lavandino. Per dormire una vecchia rete a nido d’ape  e un materasso ad una sola piazza. Per cucinare e per scaldarsi, una vecchia stufa economica … di quelle con gli anelli. Certo ora era ottobre,  ma sai che caldo durante l’estate, quando per cucinarsi un piatto di maccheroni avrebbe dovuto accendere l’intera stufa? Al momento era quasi inverno…  una soluzione l’avrebbe trovata.
Il lavoro di guardiano notturno consisteva nel dormire con un occhio ed un orecchio solo . Tutto fattibile per un ragazzo che aveva sempre avuto una gran voglia di lavorare  e che non aveva compiuto ancora i suoi 25 anni.
“5 mila lire…Ada ma lo capisci?  L’intero affitto per un mese di questo appartamento…cinquemilalire tonde tonde” non riusciva a rimanere nella pelle mio padre quella sera davanti a quel solito piatto di spaghetti conditi con un sugo semplice ma che quella sera era la cosa più buona che avesse mai mangiato.
“Certo che lo capisco“ rispose mia madre mordendosi il labbro inferiore a sinistra  (un’abitudine che le è rimasta per sempre… lo faceva  quando era particolarmente nervosa. ) “Ma tu invece lo capisci che io rimango a dormire da sola qui e che ho paura a dormire da sola?”
I grandi occhi inondati di lacrime.
Ada aveva 22 anni, ventidue anni colmi di cose, quasi tutte brutte… fame, guerra,  freddo, privazioni di ogni genere. Eppure quando lei raccontava qualcosa di quel passato così pesante, riusciva a trovarci sempre il lato bello…vestiti ricavati da vecchi sacchi di canapa a cui mia nonna   faceva dei buchi per le braccia e le teste… per figli maschi e femmine… l’abito era uguale per tutti. La grande nevicata che rendeva ancora più duro un inverno già tanto difficoltoso, per lei e i suoi fratelli diventò il gioco “delle fotografie”. Si tuffavano nella neve intonsa ed il calco che rimaneva era la loro “fotografia”.
All’età di sette anni la mandarono a pascolare una pecora che lei aveva ribattezzato “Corallina”. Un giorno mia madre era stanca e decise di dormire un po’ al fresco di una pianta, per paura che Corallina scappasse, le annodò una corda al collo e poi la legò ad un albero…forse la legò un po’ troppo stretta perché quando si svegliò, Corallina era bella che andata. Botte sicure e botte furono, tantissime, ma lei a ricordarlo ci rideva e imitando la faccia di Corallina diceva: “Povera pecorella”.
Moltissimi anni dopo sfogliavo una rivista che riportava la foto di alcuni bambini in un campo di concentramento, tutti con lo stesso straccio addosso e con la testa rasata, mia madre mi tolse delicatamente il giornale dalle mani e mi disse sorridendo “questi siamo io e i miei fratelli quando eravamo piccoli, tua nonna puntualmente ci rasava la testa a zero per paura che ci prendessimo i pidocchi!!!”
Rideva anche quando raccontava che, promossa in terza elementare, al prezzo di ceci sotto le ginocchia e terribili bacchettate sulle mani, corse da mio nonno, comunista fino al midollo, per mostrargli la pagella e lui non appena vide lo stemma fascista stampato su questa la stracciò in mille pezzi e lei dovette ripetere la seconda elementare.



“Non ci dormo da sola” ripeté mia madre.
“Andiamo a letto” disse mio padre “una soluzione la troveremo”.
Trovarono la soluzione.
Nel tardo pomeriggio mia madre tornava dal lavoro, riordinava la casa e nel frattempo preparava qualcosa da mangiare, poi incartava tutto e verso le 19 prendeva il tram per andare al cantiere dove mio padre l’aspettava in trepida attesa; insieme consumavano la cena, mia madre lavava quelle poche cose nel piccolo lavandino e poi andavano a farsi una passeggiata intorno al cantiere dove già molte case erano abitate. Qualche volta si concedevano un cono gelato… piccolo però!!! Dopo la passeggiata se ne tornavano nella baracca e stretti l’uno all’altro dormivano nella rete a nido d’ape su un materasso ad una sola piazza.


Arrivò novembre e arrivò il freddo… le passeggiate dopo cena cessarono, si andava a dormire prima e fu proprio in una notte di quelle, sicuramente la più bella, la più profumata, la più magica, che mio padre e mia madre si abbracciarono un po’ di più. Fu proprio in quella  notte che la sottoscritta fu “concepita”!!! 

domenica 26 giugno 2016

8 agosto 1958.
La notizia si era sparsa in fretta tra le viuzze del quartiere Alessandrino e già dalle sei del pomeriggio davanti ad una finestra al piano terra di via del Caprifoglio n.2 c’erano almeno una quindicina di persone in grande agitazione.
Ada aveva iniziato il travaglio.
Solo alle donne era consentito entrare in quel minuscolo appartamento dove già tutto era pronto per il parto. La bottiglia dell’aceto sul comodino (hai visto mai che la partoriente svenisse) asciugamani bianchi candidi appoggiati da tutte le parti e bacinelle di alluminio tirate a lucido per ospitare placenta e cordone ombelicale e pezze sporche di sangue, in cucina sulla macchina del gas due pentole sul fuoco con l’acqua che bolliva da ore… perché quando si partorisce l’acqua calda serve… non so a cosa ma “serve”. La macelleria era pronta… potevo anche uscire.
Mia nonna Peppinella, mia zia Giovanna mia zia Vittoria mia zia Rosina zia Nella… insomma tutte le zie stavano allineate in fondo al letto dove mia madre travagliava…dormendo.
“Ada svegliati… non devi dormire” le ripeteva in continuazione mia Nonna Peppinella. Mia madre di tutta risposta si girava dall’altro lato sussurrava un “ahaiaaaaaaa” e si riaddormentava. Qualche zia si opponeva dicendo che se aveva voglia di dormire poteva dormire…si sarebbe svegliata al momento giusto. Chi non ha conosciuto mia nonna non sa che replicare era pericoloso (mio Dio quanto le somiglio in questa caratteristica) Poi c’era poco da discutere… in quel momento la persona più importante, dopo mia madre, lì dentro era lei. Era lei la “nonna” del nascituro/a e stava nascendo il suo/a primo/a nipote. Che sarebbe stato/a battezzato/a con il nome del suo defunto marito morto in guerra. E quindi…:”Ada svegliati… non devi dormire” . Il travaglio di mia madre in quel momento non erano i dolori ma la voce di mia nonna che la svegliava in continuazione. A porre fine al martirio arrivò finalmente la “levatrice” … le ostetriche quando sono nata io si chiamavano così: ”Levatrici” . Non appena entrò con il suo completo “principe di Galles” grigio e con la borsa dei ferri mia nonna subito la informò che mia madre aveva sì rotto le acque ma che….dormiva. La levatrice le rispose:” Ehhh non preoccuparti… vedrai che quando arriverà il momento si sveglierà” Ovviamente io non vedevo nulla…ero ancora ben asserragliata nel mio confortevole fortino ma ascoltavo tutto e immaginai le facce soddisfatte delle zie.
La levatrice visitò mia madre poi uscì e disse al marito (che era rimasto in auto):” vai pure caro….prima di mezzanotte non se ne parla.”
Erano le 21 e 15.
Alle 21 e 30 mia madre si svegliò di colpo. Quattro spinte quattro urli ed io…nacqui. Erano esattamente le ore 21 e 45.
“Parto precoce” sentenziò la levatrice
“Ma quale parto precoce…” avrei voluto rispondere io, percepivo che stava accadendo qualcosa “là fuori” tutto quel vociare… quell’andare e tornare e poi la mia mamma aveva urlato… perché? Meglio uscire ed in fretta… qualcuno poteva aver bisogno di me!!!! Ero fuori … c’era tanta luce e vidi la levatrice con il tailleur “principe di Galles” con sopra un grembiulone. Poi vidi il viso di Nonna Peppinella che commossa mi sorrideva e mi diceva :” Che bella bardassella… bella de nonna ma si proprio bella bella… sì rosa come ‘na pesca che Dio te benedica e pure la Madonna di Genazzano e pure Santa Margherita e che la Madonna del Divino Amore te protegga e che…” vabbè io volevo vedere la mia mamma … e anche la mia mamma diceva:” Me la fate vedere?”
“Certo Ada, eccola la vedi?” rispose la levatrice “ora tagliamo il cordone e te la metto in braccio” Non sentii la risposta di mia madre… perché non aveva detto anche lei: ”Che bella bambina… bellissima come una rosa e bla bla bla… perché lei no?”
Cos’era il “cordone”?
“Cos’è che dovete tagliarmi? Sono appena uscita e già volete togliermi un pezzo? No…non voglio… non vi permettete… mamma fai qualcosa …Peppinella fai qualcosa anche tu”
Ero disperata quando sentii la levatrice dire:” Oh Dio Santo… non mi sono portata le forbici... come posso averle dimenticate? Presto prendete un paio di forbici e immergetele nell’acqua bollente per qualche secondo” (ecco a cosa serviva l’acqua bollente) .
“Ah bhè… cominciamo bene!!! Volete muovervi? Sto vedendo tutti meno che la mia mamma!!!”
Mi hanno tagliato il “tubo”,
con quello sentivo quando mamma era felice quando era triste quando rideva quando piangeva quando si dava i baci con papà quando qualcuno la faceva arrabbiare e lei non diceva nulla, sentivo anche le sue emozioni le cose che la spaventavano quelle che la rendevano felice … le sue preoccupazioni e anche le persone che le erano simpatiche…. Mia nonna Peppinella non era tra quelle !!!.
Mi hanno staccato la spina da mia madre… non la sento più... tutte queste persone mi stanno toccando, accarezzando parlando ma… un momento… riconosco questo odore….riconosco questo respiro e questo battito di cuore …la sento la sua emozione… non arriva più dal “tubo”… mi arriva direttamente attraverso la pelle… e questa è la sua voce … mi sussurra un “benvenuta amore piccolo” ed io mi sento bene… tranquilla come quando ero dentro il fortino… anzi meglio….
Apro bene gli occhi … voglio vederla la mia mamma
Eccola… è bellissima… più bella di come la immaginavo… ha anche tante cose che io non ho… i capelli lunghi… i denti… le sta uscendo tanta acqua dagli occhi.. chissà perché…
Qualcuno mi afferra e mia madre vuole trattenermi… è la levatrice…:” Dobbiamo farle il bagno Ada e devo controllare che abbia tutto in ordine” mia madre molla la presa e mi ritrovo in mezzo al mare… vabbè è una bagnarola con l’acqua ma per me è enorme… non voglio fare il bagno… la levatrice mi mette a testa in giù e mi da uno scappellotto sul sedere… inizio a piangere disperata… tutti ridono… io non voglio fare il bagno e loro ridono… mentre piango e mi dispero inizia ad uscirmi l’acqua dagli occhi pure a me… ecco… forse alla mamma avevano fatto il bagno contro la sua volontà.
Iniziano le torture… prima il bagnetto poi l’asciugatura poi mi mettono il borotalco (che ne sono allergica verrà scoperto molto tempo dopo) poi mi pesano su una bilancia gelida…poi mi misurano . E’ arrivato il momento della “vestizione” ho almeno 10 ancelle intorno, mia nonna Peppinella compresa e sempre in pole position … fuori dalla finestra del piano terreno ci saranno almeno 40 persone… ce n’è una che continua a bussare dicendo:” Ma insomma a me quando me la fate vedere?” La voce è un po’ lontana ma è una voce che conosco…dove l’ho sentita?
Allora belle signore… vorrei ricordarvi che è agosto e come sentite caldo voi lo sento pure io… mi avete infilato una camicetta di seta una maglia della salute un maglioncino lavorato ai ferri …da chi? Ma da nonna Peppinella ovviamente!!! Poi tra le gambe mi avete piazzato un triangolo e un sorriso di cotone un paio di mutande e come se tutto ciò non bastasse mi avete fasciata come un salame … no… le fasce non le sopporto … mi sento una mummia… l’acqua continua a scendermi dagl’occhi. Pure le scarpette mi mettono… cosa ci devo fare? Mica so camminare… ci manca soltanto un cappello e siamo a posto. No? Niente cappello… meno male … tiro un sospiro di sollievo e mi ritrovo in braccio all’odore conosciuto. Mi guarda senza parlare … io invece avrei già tre o quattro cose di cui lamentarmi ma sto così bene tra le sue braccia che ho deciso che mi lamenterò in seguito. Continua a guardarmi senza parlare, mi tocca il viso, mi accarezza gli occhi… mi prende una manina e dai suoi occhi inizia di nuovo ad uscire l’acqua… oddio non le avranno fatto un altro bagno a mia insaputa?
Che tranquillità. La levatrice se ne è andata e insieme a lei tutte le altre comari … solo Peppinella non schioda… sento ora forte e chiara la voce di prima … ma si… è la voce del mio papà… ride … è felice.. bacia la mamma e finalmente Peppinella capisce che è arrivata l’ora di togliersi dai piedi. Ma quant’è bello il mio papà non sa a chi dare i baci … uno a me e uno alla mamma….lo guardo mentre mi dice parole d’amore che non svelerò e anche a lui inizia ad uscire l’acqua dagli occhi. Ma è un vizio di questa casa fare il bagnetto contro la volontà?
Il mio papà mi prende in braccio e finalmente la mamma parla a voce alta… quasi lo sgrida…:”stai attento” gli dice. Papà mi riempie di baci l’unica cosa che non mi hanno imbalsamato… il viso le orecchie la testa e il collo… accidenti Papà…. Ma sei pieno di spine. Faccio una brutta smorfia allora interviene la mamma che dice: “Lillo… ma la barba te la sei fatta? Così la graffi!!! “
Ah ecco cos’erano le spine… una cosa che si chiama “barba” .. ecco papà togliti la barba ed ora rimettimi da mamma che è più liscia e profumata… però sappi che ti voglio un gran bene e anche tu me ne vuoi, lo sento … anche se avresti preferito un maschietto.. e non dire di no perché non hai fatto che ripeterlo per nove mesi mentre ero chiusa nel fortino. Ti sentivo sai?
“Mamma, come sto bene tra le pieghe del tuo collo… abbiamo lo stesso odore… mmmmmmmmmmmmmmm che profumino… da dove viene? Mi fa venire un languorino allo stomaco.”
Nemmeno l’ho pensato che mamma mi infila in bocca una cosa piccola e rotonda…. Si ok… ora cosa devo fare? Rimango con la cosa tonda in bocca ma non faccio nulla… allora la mamma che capisce sempre tutto si schiaccia un po’ una cosa che poi scoprirò chiamarsi ”sisa” e la mia boccuccia viene invasa da un liquido dal sapore miracoloso. Mando subito giù e la mia bocca rimane vuota… mi agito un momento e poi d’istinto “succhio” sì…esce!!!! Basta succhiare e ne esce quanto ne voglio. Mia madre dice a mio padre sorridendo…:” già ha imparato a succhiare il latte”
“Ah ecco… si chiama latte… LATTE, sarai il mio alimento preferito per tutta la vita ... te lo giuro…. “
E così fu.
Fuori dalla finestra c’è tanto chiasso tutti urlano: ”auguri auguri… il prossimo sarà un maschio” ora sento bene la voce di papà che ride come un pazzo. Ma chi sono tutte queste persone? C’è una voce piccola che continua a dire:” Però io la cicogna non l’ho vista arrivare” e qualcuno con la voce grande gli risponde: “ Non l’hai vista perché è arrivata con l’aeroplano”
“Ma io non ho visto atterrare l’aeroplano”
“E certo, ha atterrato nel piazzale della Chiesa”
“E fin qui come c’è arrivata?”
“Ma non lo so … l’avrà portata la levatrice”
“E dove la teneva?”
“Nella borsa la teneva”
Vorrei tanto saper parlare… dire a quella “voce piccola” che io non sono arrivata in nessun modo… io già “c’ero”.
Casa c’è… di nuovo piena di donne… ognuno dice la sua.
“Adesso devi mangiare la pasta fatta in casa di sola acqua e farina perché fa venire tanto latte”
“Bhè adesso dovrai bere birra perché fa venire tanto latte”
“Dovrai bere tanto brodo perché fa venire tanto latte”
Meno male che le deve mangiare la mia mamma tutte queste cose “sbrodolose”… già so che non mi piaceranno mai !!!
Così è stato.

mercoledì 13 gennaio 2016

Il Buon Samaritano. Quando il Vangelo sarebbe meglio che fosse illustrato da Medici con la M maiuscola che i sacerdoti .

Il Buon Samaritano. Quando il Vangelo sarebbe meglio che fosse illustrato da Medici con la M maiuscola che i sacerdoti .
Dottor Giuseppe Zampino, Responsabile delle Malattie Rare e Clinica dei Difetti Congeniti al Policlinico Universitario "Agostino Gemelli" di Roma. 
UN'ORA BEN SPESA
https://vimeo.com/28780533

Giuseppe Zampino “La Parabola del buon Samaritano: modello assistenziale del bambino con disabilità”